L’opera realizzata da Aris nel 2017 è ispirata al nome del festival “Borgo Universo”: l’artista infatti mette in scena una sorta di incontro tra il cielo e la terra, riflessi l’uno nel volto dell’altro. Su questo confine il piccolo paese si protende verso l’immensità del cielo e viceversa, come impegnati in un dialogo muto e tuttavia vivo. I grandi volti che guardano verso il cielo ci ricordano le nostre montagne che si stagliano all’orizzonte, le loro grandi e buie praterie su cui distendersi e guardare le stelle. È tanto ipnotico, questo incontro tra l’uomo e il cosmo, che le due parti si sdoppiano e poi si riflettono, specchiandosi fino a coincidere, ripetendosi l’una nell’altra. In basso e in alto i volti si disperdono, si dissolvono, continuando a dialogare nello spazio.

La parete alta e verticale scelta dall’artista è racchiusa tra archi ed edifici e raggiungibile attraverso un vicoletto, ma la dimensione verticale dell’opera fuoriesce dall’ambiente stretto in cui è inserita per proiettarsi verso l’alto, rendendosi visibile, agli occhi più attenti, anche da lontano e dalla strada principale.