Con una forte dose di ironia Marina Capdevila si esprime e racconta la quotidianità lenta e frizzante di una piccola realtà come la nostra. Ispirata da sua nonna e dalla sua vitalità, Marina mette in scena la bellezza non canonica, ma energica e senza tempo, degli anziani, dei loro sguardi e dei loro sorrisi immersi in una società che a volte comprendono a fatica, e di cui custodiscono memorie, storie e tradizioni. Protagoniste del muro sono le nostre fantastiche donne: le nonne, le zie, le comari che dominano e vivono le strade, gli incroci, i balconi e gli usci di casa; le donne che osservano, scrutano, fanno domande, e soprattutto accolgono in casa e in paese. Muse che Marina ha saputo celebrare immortalando l’anima e il cuore del borgo. Altra protagonista dell’opera è anche la celebre sedia bianca che si diffonde con prepotenza nel paese durante i mesi estivi. Le sedie stanno sempre pronte ad accogliere vicini, amici e compagni, con cui condividere il tempo e le giornate in un’atmosfera di amicizia e convivialità. Anche in questo caso l’arte esce al di fuori del suo supporto e il muro diventa più che un muro un luogo, dove le sedie lasciate ai piedi delle scale invitano ad incontrarsi e scambiarsi esperienze, o a stare in compagnia a godere del tempo condiviso e del panorama sulla valle.